Viaggiare, come ha scritto Pessoa, non è che un "essere altro costantemente". Un viaggio, con tutte le sue sfaccettature e le emozioni cui ci sottopone, ci concede l'illusione della fuga lasciandoci per ultima la sicurezza del ritorno.
(Carla Fiorentino)
Il viaggio è una specie di porta, per la quale si esce dalla realtà per penetrare in una realtà inesplorata che sembra un sogno.
(Guy de Maupassant)
Il viaggio che a molti appare come un bel sogno, un gioco seducente, la libertà per ecellenza, in realtà è impietoso, una scuola per abituarci all'inevitabile corso della vita, all'incontro e alla perdita, e in cui si fa sul serio.
(Annemarie Schwarzenbach)
Wanderer, Wandern, Wanderung sono parole molto importanti per la storia del grande immaginario romantico tedesco. Il "viandante", nella nostra mentalità latina è sempre stato colui che transita da un luogo all'altro, da una collettività all'altra, consapevole che la casa, il gruppo sociale ben identificato sono gli ambiti che gli competono, che sente suoi ed in cui si riconosce. Egli è legato affettivamente alla famiglia, alla casa degli avi, alla terra che lavora, sia essa sua o non lo sia; il cammino è un viaggio, da programmare e compiere nel più breve tempo possibile perché ostico e talvolta pericoloso; riveste carattere episodico e tradizionale - ad esempio, l'abitudine millenaria alla transumanza delle antiche civiltà pastorali. E il viaggio, quando è conseguenza dell'imperativo della fame, genera angoscia, diventa trauma, dilacerazione; diviene il dolore degli emigranti che, con poca o nessuna attenzione per le nuove realtà che li circondano, cercano di ricostruire luoghi e collettività il più possibile vicini a quelli che hanno dovuto abbandonare.
Ben differente è invece la connotazione auratica che la parola Wanderer, viandante, assume nelle terre di lingua tedesca. Qui, chi segue un cammino non si dirige verso qualcosa di connotabile fisicamente, verso un "luogo" reale, tangibile; al contrario, egli è un avventuriero dello spirito, un essere che va alla ricerca di sé stesso, o meglio dell'indefinibile, di ciò di cui una lontana eco del proprio animo rende certi dell'esistenza, ma che sfugge ad ogni più rigorosa disamina razionale. I pellegrini e i Clerici vagantes che solcavano l'Europa delle prime ere cristiane: ecco il referente, il misticismo universalistico di chi fa della Wanderung, quasi sempre a piedi, quasi mai a cavallo, il fine e non il mezzo; di chi giace per una notte sotto un riparo di fortuna, od offerto da uno stanziale ospitale, ben sapendo che ciò non è, nè è desiderato, per sempre; che il giorno successivo il cammino dovrà riprendere, lungo prati verdi, colli boscosi, radi villaggi annunciati da campanili appuntiti, sotto cieli sempre mossi, sempre spazzati dal vento, talvolta plumbei ed ostili; talvolta in compagnia, ma più spesso da soli.
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